I giovani non trovano lavoro, le aziende non trovano i giovani.

Il tasso di disoccupazione in Italia sta raggiungendo livelli record, specialmente se parliamo della disoccupazione giovanile: secondo i dati provvisori dell’Istat risulta disoccupato un giovane su tre. Eppure, dall’altro lato, sento continuamente aziende e imprenditori lamentarsi di non riuscire a trovare giovani motivati e determinati da assumere. Com’è possibile?

Prima di lasciare spazio e polemiche e fraintendimenti, è bene chiarire che nessuno vuole negare il momento di difficoltà attuale: molte aziende non possono assumere per via della difficile situazione economico-finanziaria. Inoltre, lo scenario normativo e tributario italiano è contorto, ingarbugliato e spesso d’ostacolo alle aziende che vogliono assumere e investire nei giovani. Eppure, anche quando c’è la possibilità di superare questi ostacoli, le aziende faticano a trovare i giovani talenti.

Da un lato ci sono tantissimi giovani in cerca di un lavoro, dall’altro le aziende non trovano in loro conoscenze, competenze e attitudini adatte. Sembra evidente che questo problema sia in parte causato da un sistema educativo non allineato con le necessità della società contemporanea. Scuola e università non forniscono gli strumenti necessari per entrare nel mercato del lavoro in modo competitivo. Ma al di là di una riforma del sistema, obiettivo di lungo periodo da perseguire a livello nazionale e sovra-nazionale, cosa possono fare le aziende subito? Dove trovare i giovani talenti?

La maggior parte dei grandi datori di lavoro continua ad utilizzare strumenti di selezione tradizionali, facendo leva sulla forza del proprio brand, attraverso personale addetto al reclutamento o affidandosi ad agenzie specializzate. L’employer branding è ciò attraverso cui Google, BCG, Apple, CocaCola, Barilla e tutti gli altri grandi brand possono attirare i migliori talenti: la fama di queste aziende cattura i neoleureati come la luce attrae gli insetti notturni.

Ma le cose stanno cambiando e l’evoluzione della comunicazione digitale rente tutto più trasparente. Le grandi aziende offrono posizioni instabili, chiedendo in cambio la totale dedizione all’azienda, mentre i giovani talenti sono sempre più attratti da prospettive diverse che permettano di assecondare le proprie passioni seguendo progetti allineati con i propri valori. In questo contesto le piccole e medie imprese italiane hanno lo spazio per creare progetti interessanti capaci di guadagnare visibilità tra i giovani in cerca di lavoro.

Un esempio concreto è il progetto pro-fashion, sviluppato da Hyphen-Italia. Hyphen- è una piccola azienda del veronese che da tempo sentiva il bisogno di nuove persone, motivate e appassionate, per dare energia all’azienda nella promozione delle proprie soluzioni innovative. In particolare si sta affacciando sul mercato della moda con Hyphen-Still Life, un sistema di acquisizione e gestione delle immagini. Come trovare dei giovani adatti a questo lavoro, compatibili con il DNA aziendale e volenterosi di promuovere HSL alle aziende della moda? Una risposta può essere il progetto pro-fashion, descritto qui.

Più in generale, le aziende possono seguire l’esempio di Hyphen-Italia sviluppando progetti specifici, sfruttando le potenzialità messe a disposizione dai social media e ripensando radicalmente il rapporto tra i giovani in cerca di lavoro e gli employer. Dall’altro lato i giovani devono sapersi guardare intorno con senso critico, ambizione e passione.

Cosa ne pensate del progetto pro-fashion? Conoscete altri casi significativi in cui si affronta il problema del disallineamento tra offerta di lavoro e giovani che lo stanno cercando? Secondo voi qual è la causa principale di questa situazione e quali sono le vie per risolverla?

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