Per fare social media marketing bisogna conoscere il marketing. Sempre più persone, oltre ad avere un profilo facebook individuale, gestiscono una molteplicità di servizi social per promuovere se stessi o altre attività, che si tratti del bar di un parente o di un gruppo musicale amatoriale. Qualsiasi persona che spende tempo ad utilizzare strumenti social matura esperienza e conoscenza, diventando di fatto un social media manager.
Così si moltiplicano community manager, social media specialist, web copywriter, digital strategist e via dicendo, in base al background, al percorso di studi e alle attitudini di chi si assegna queste etichette. Non c’è niente di male in questo, anzi: molte persone si (ri)creano un lavoro, costruendo e mettendo a disposizione delle aziende competenze strategiche che la Scuola fatica ancora a offrire e rispondendo ai problemi del mercato del lavoro.
È importante a questo punto riconoscere che il social media marketing è una specializzazione del marketing che, a sua volta, è un ramo dell’economia. Nell’attività di social media marketing tornano utili importanti teorie, schemi e modelli nati dall’economia e dal marketing tradizionale ma applicabili efficacemente anche sui social media. Pensiamo, ad esempio, a tutta la teoria del brand managment.
Quando si parla di web e social media strategy, qual è il modo migliore di far capire a un imprenditore o a un direttore marketing l’impatto dei social media se non attraverso dinamiche di brand awareness e brand recall? Così come, nelle strategie di contenuto, è bene tenere presente i concetti di up-selling e cross-selling. Oltre il brand e le basi del marketing, per una strategia web che si allinei agli obiettivi d’impresa bisogna valutare questioni di carattere aziendale come le marginalità delle linee di prodotto, l’impatto sulla logistica, la cultura organizzativa, la segmentazione del mercato, il comportamento dei consumatori, l’evoluzione tecnologica e così via.
Per via dell’iper-specializzazione oggi necessaria nell’utilizzo di strumenti sempre più sofisticati, non è possibile avere il social media manager esperto di YouTube che sappia anche fare la grafica di un sito e progettare una web strategy allineata con le altre aree aziendali. Per questo esistono le agenzie di comunicazione e le reti di freelance. D’altro canto, quando c’è bisogno di qualcuno che scriva sul blog aziendale, sistemi i testi del sito e aggiorni i principali social network la figura perfetta potrebbe essere un laureato in lettere che si è re-inventato social media manager, o qualcuno senza una formazione specifica ma che sia fortemente appassionato al settore di mercato in questione.
Il messaggio è: prima di scegliere a chi affidare la strategia digitale e la gestione dei social media aziendali, valuta bene quali siano gli obiettivi da raggiungere. Il ragazzo del video qua sotto conosce le dinamiche di utilizzo e interazione su YouTube meglio di qualsiasi social media manager. Ha più senso chiamare lui o un consulente di marketing che disegni la strategia complessiva, indicando come spendere al meglio il budget dedicato all’attività web? Dipende: qual è l’obiettivo?
PS. Molti imprenditori e amministratori delegati provano un forte senso di inquietudine. Di giorno credono alla crescita, al Pil e all’economia. La sera credono alla famiglia, ai figli, all’amicizia. Di notte non credono più a niente, fanno incubi spaventosi e si costruiscono nuovi miti, più o meno consciamente ego-centrati, in cui credere la mattina dopo. Per loro l’obiettivo può essere inconscio, esistenziale e al di fuori del successo aziendale. A loro consiglio un ritiro spirituale.
Ai social media manager dico: state attenti quando scegliete di inoltrarvi nel crepuscolo in cui vivono queste persone.
«Non desideri nient’altro che essere tu stesso desiderato, desiderato dalle altre persone.»
~ Rei Ayanami
Post di Dario Pagnoni