L’uomo, nel corso dell’evoluzione, sì è separato da tutti gli altri animali attraverso il linguaggio. Il linguaggio è logos, ragione, delimitazione dell’indefinito all’interno di entità distinguibili, è comprensione. Questa operazione di definizione implica la scissione tra un ambito del non-razionale (indefinito, in-comprensibile, pre-razionale) ed un ambito della ragione (definito, comprensibile, calcolabile). Per continuare ad espandere l’ambito del razionale – quindi comprensibile, calcolabile ed utilizzabile – a partire da quella scintilla non razionalmente spiegabile che ha dato il via al logos […in principio fu il Verbo…], l’uomo ha dovuto delimitare sempre più l’essere.

Prima della ragione, ma già all’interno della distinzione generata dalla percezione attraverso i sensi, – quindi anche per quanto riguarda gli animali – quelli che definiamo esseri viventi sono mossi dalla ricerca del piacere (e dalla fuga dal dolore) chimico-fisico. Il piacere ed il dolore sono la percezione di stimoli sensoriali relativi agli specifici organi di senso di una determinata specie. Nel caso dell’uomo-animale sono di particolare rilevanza le combinazioni di dolore/piacere chimico-fisici, frutto dell’evoluzione, che portano a fame (per mobilitare alla nutrizione del corpo), paura (per agire proteggendo la sopravvivenza), istinto sessuale (per dedicare energie vitali alla continuazione della specie).

L’uomo-essere razionale si distacca dall’animale limitando la mobilitazione generata dal piacere/dolore chimico-fisico, attraverso il logos. La parola permette l’interazione organizzata tra più esseri umani – quindi la società – oltre ai semplici rapporti di forza ed istinti chimico-fisici. L’essere umano rinuncia alla soddisfazione immediata della propria fame o del proprio istinto a vantaggio della società. Alla fame chimico-fisica si sovrappone una fame mitologica, alimentata dalla stessa ragione seppur in contrapposizione ad essa. L’uomo, da un lato, è in grado di pensare solo il razionale ma, dall’altro, ha bisogno di trovare un fine e giustificare ciò che è (pensabile) ma che si è originato in contrapposizione all’indistinto, misterioso e irrazionale.

Stiamo facendo molti passaggi in poche parole, ma per giungere al punto che ci interessa nei tempi e negli spazi di un post è necessario fare qualche salto. Spero riusciate comunque a seguire. Il punto è che l‘essere umano è mosso ad agire dal mito, ovvero dal cibo capace di saziare la fame mitologica. Non basta quindi, all’uomo, soddisfare i propri bisogni fisici. Egli ha bisogno di cibarsi di idee e di raffigurazioni capaci di collegare il pensiero al mistero, di porre in armonia con la ragione la sua origine non-razionale. Un ponte tra la coscienza e l’inconscio.

Fame mitologica

La prima risposta alla fame mitologica è quella fornita dai sistemi religiosi. Nelle sue varie declinazioni – dallo sciamanesimo all’Induismo, dalle tre grandi religioni monoteiste a Scientology – la religione elabora una spiegazione del destino umano e, attraverso miti, riti e simboli, forma sistemi generali di orientamento del pensiero e modelli di riferimento per l’azione. Allo stesso modo agiscono le ideologie politiche, anch’esse costituite da miti, riti e simboli volti a mobilitare le masse, attraverso la costruzione di un sistema generale di spiegazione ed orientamento. Allo stesso modo funzionano anche i brand, ovvero quei simboli corredati da interi sistemi mitologici – pensate, ad esempio, al rito dell’apertura di un Apple Store – volti a mobilitare l’essere umano verso determinate azioni.

Ma esiste una differenza tra i primi miti religiosi, le ideologie politiche e le mitologie create dal marketing.

Sapete dirmi quale?

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