E’ estate e vi trovate in spiaggia, in riva al mare. Prendete il sole, fate il bagno e passeggiate tranquillamente – immaginate di trovarvi in una di quelle spiagge bianche semideserte della Grecia o di qualche piccola isola del Mediterraneo, non a Riccione – in compagnia di un amico/a o della vostra dolce metà. Forse, tra i silenzi e gli scambi di parole, osservate l’orizzonte, commentate il vostro fisico non in forma come vorreste oppure l’aspetto degli altri bagnanti: guarda, quello sembra la versione palestrata di Mario Monti, quella la Professoressa Carù se fosse stata nera, quel tizio in fondo invece gesticola come il Professore di Macroeconomia. Guardate un po’ male una ragazza in topless, “quella lì che fa, le mostra a tutti”?!
Aggirato uno scoglio che separa la spiaggia principale da una caletta più nascosta e suggestiva, vi trovate in una situazione sostanzialmente simile, ma per un certo verso molto differente. Anche qui trovate altre persone che prendono il sole, fanno il bagno, giocano con i bambini o passeggiano in riva al mare. Ma qui tutti sono nudi.
Dopo i primi secondi di imbarazzo in cui avete pensato a quanto sono svergognati questi nudisti, vi siete resi conto che non vi è alcun vizio o perversione nel loro atteggiamento. Il loro modo di relazionarsi è assolutamente naturale, genuino ed in linea con ciò che definireste “normale”. A questo punto l’imbarazzo è dovuto alla vostra situazione di alieni, esseri buffi differenziati da tutti gli altri bagnanti per via di bizzarri pezzi di stoffa, dai colori improbabili e ben lontani dalla naturalezza della pelle, avvolti a nascondere chissà quali segreti del vostro corpo.
Da bravi esseri umani postmoderni, cittadini del Terzo Millennio, mentalmente flessibili ed etnografi innati, vi sfilate il costume e continuate a passeggiare in armonia con la natura – peccato per i segni bianchi che continuano a marcare la vostra provenienza aliena.
Giuseppe Mantovani, in L’elefante invisibile – Tra negazione e affermazione della diversità: scontri e incontri multiculturali, parla della cultura dicendo che “essa è tanto grande che torreggia su di noi, come un elefante, e tuttavia è elusiva come una fragile e trasparente libellula”. Come se nel salotto di casa ci fosse un elefante a voi completamente invisibile ma che un ospite, culturalmente diverso, può vedere.
Dai diversi racconti narrati nel libro, qui esemplificati con il caso della spiaggia dei nudisti, si evince che “l’elefante, come la dimensione culturale, è realmente invisibile, se non si sa cosa guardare, mentre diventa incombente come una montagna che riempie l’orizzonte se solo abbiamo idea di ciò che dobbiamo guardare”.
La forte valenza culturale del costume da bagno, nell’esempio sopra narrato, è apparsa evidente solo nel momento di immersione totale in un contesto culturale differenziato proprio da questo elemento. Quando, nel primo paragrafo, avete incontrato la ragazza in topless, essa si è trovata nel ruolo dell’ospite folle che, entrando nel vostro salotto, dichiara di vedere un elefante. “Ma quale elefante, qui non c’è niente, o sei matta o vuoi solo attirare su di te l’attenzione di tutti i passanti”, le rimproverate metaforicamente.
Studiosi e operatori del Marketing ricordate questo esempio, armatevi di spirito critico ed andate a caccia degli elefanti invisibili nascosti in casa vostra!